Giornale del laboratorio di lettura e scrittura creativa del CTP Diego Valeri

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CTP Valeri XI° Ist. Comprensivo Vivaldi di Padova



CTRP: "La Meridiana" "Granze" "La Lanterna"







domenica 16 maggio 2010

Vivere in comunità

Mangiare è un rito da vivere assieme agli altri, anche se a volte per vari motivi ci si trova da soli.
Io per esempio sono una solitaria, faccio fatica a mangiare con altri e stare per tanto tempo seduta a tavola per questo vado di rado agli inviti fatti da amici e parenti , nei ristoranti poi è ancora peggio. Come ho detto non mangio volentieri, ma cucinare mi piace tantissimo soprattutto per le persone che amo e non solo, ho parecchie esperienze lavorative come aiuto cuoca e questo mi riempiva di soddisfazione . Penso che il cibo unisca persone molto diverse tra loro e questo è bellissimo aiuta a unire la parte culinaria con quella etnica ,un reciproco scambio da gustare caldo o freddo.
Federica

Cominciamo a parlare di come si vive quella mezzora quando si cena in comunità; come prima cosa si pranza tutti assieme , si dialoga del più del meno di quello che abbiamo fatto durante la giornata , dopo aver cenato ci si siede in divano e si guarda il telegiornale e si chicchera , si scherza , si dialoga di un po’ di tutto.
come seconda attività in comunità molto apprezzata è lavorare l’orto , da più di qualche anno si lavora la terra del nostro giardino , viene zappata dopo di che si aspetta che ci sia la luna in crescere, e dopo di che si semina , le piantine che seminiamo nell’orto sono l’insalata di vari tipi , il basilico , i pomodori , i fagiolini , dopo di che si aspetta che siano bene cresciute e mature , e dopo vengono mangiate dalle persone che vivono in comunità.
Marco

Cucinare e preparare le pietanze assieme “contandosea” parlare della giornata di lavoro e delle cose fatte e da farsi, inventare storie e racconti ,scherzare e ridere insieme in amicizia,è una cosa che faccio volentieri e con piacere,mi serve a dare il giusto valore al cibo ma mi ricorda che sono importanti le persone che mi sono vicine,che siano familiari o amici. Una volta lo stare insieme a tavola,con la stufa accesa,quando di cibo non ce n’era molto(ci si accontentava di un po’ di polenta e formaggio) aveva molto più valore. Quando non c’era la televisione i legami tra le persone erano più forti,c’era più solidarietà,ci si voleva più bene,anche fra estranei, si viveva più semplicemente anche se la vita era molto più dura.
Oggigiorno, nonostante vi sia un po’ di crisi generale,abbiamo molto,a volte fin troppo,tant’è vero che spesso buttiamo via delle cose che a qualcun altro sarebbero utili, come il cibo che avanziamo: non gli diamo il giusto peso,lo diamo per scontato.
Anch’io sono superficiale in tal senso e non mi guadagno come si suol dire “la pagnotta”
mi piace molto trovarmi tra amici a fare una grigliata e qualche volta andare anche al ristorante,ma cerco di non avere gli occhi fissi solo sul cibo,mi guardo attorno,l’ambiente che mi circonda e cerco di rapportarmi agli altri,non esagerando con il mangiare,però gustandomelo.
Nella comunità presso cui io sono ospite,c’è un piccolo orto nel quale recentemente,con la primavera ormai sbocciata,abbiamo piantato qualche ortaggio, mi sono sporcato un po’ le mani ma onestamente il lavoro lo hanno fatto altri, io ho dato solo un piccolo contributo e qualche suggerimento ma sicuramente è un lavoro che và fatto con amore
Enrico


La vita in comunità è fatta di relazioni, di confronti, di condivisioni, di regole, di diritti e doveri.
Quando vivi in comunità non senti la solitudine perché sei sempre assieme a qualcuno ma a volte ti manca un po’ la privacy, quel senso di libertà che hai quando sei solo.
E’ bello condividere la giornata con gli altri, poter sempre parlare con qualcuno di ciò che ti succede, condividere i tuoi pensieri con i suoi, capire se stai sbagliando o no, essere rincuorato se ti senti giù. Vivere in comunità ti riallena ad una vita in qualche modo normale che per vari motivi abbiamo perso e che dobbiamo riacquistare, e perciò seguiamo delle regole come ogni comunità, sia essa la famiglia o la scuola o il lavoro o il matrimonio, altrimenti sarebbe il caos.
Francesca

Un evento che mi ricorda la condivisione è il seguente. ciò a cui mi ispiro è un’attività che ho seguito durante il mio soggiorno in comunità a Granze di Camin. Da quando la frequento ho avuto la possibilità di fare il gruppo cucina. Mi ricordo infatti quando sono entrato in comunità mi è parso molto interessante il gruppo cucina il giovedì mattina. Per tutto il tempo nel quale ho avuto la possibilità di seguire questo corso, ho imparato a cucinare cose che da solo non sarei riuscito ad imparare. Con l’aiuto degli operatori e dei miei compagni, abbiamo investito le nostre capacità nell’imparare qualcosa di nuovo, saper cucinare e condividere con tutti ciò che abbiamo cucinato e da quanto mi ricordo le pietanze che abbiamo preparato tutti insieme con l’aiuto delle nostre forze ci sono molto piaciute. Il risultato è che investendo il nostro interesse nell’arte culinaria ne siamo stati soddisfatti.
Francesco

Il film “Les choristes” mi ha ricordato in parte l’esperienza che sto vivendo presso il centro di Granze. Il film è ambientato in Francia nel 1949 e narra l’esperienza di un uomo,appassionato compositore di musica,che trova lavoro come sorvegliante in un collegio frequentato da ragazzi disagiati,un po’ ribelli e indisciplinati. L’ambiente in cui si trova a muoversi non è affatto facile.
Il brav’uomo è oltretutto ostacolato nei suoi metodi da un direttore molto duro e severo,per non dire cattivo.;riesce tuttavia a far apprezzare ai giovani la musica e formando un coro crea affiatamento con loro e fra loro;s’innamora anche della madre di uno di questi ultimi(il più dotato)ma forse a causa del suo aspetto non proprio piacente,non viene ricambiato.
Purtroppo l’arido direttore (che tuttavia sembrava ad un certo punto coinvolto da quest’aria di cambiamento)stronca il suo lavoro e lo licenzia.
I ragazzi tuttavia si ricorderanno con affetto anche in età adulta di questa persona positiva entrata un po’ per caso e per breve tempo nella loro difficile vita
Sebbene non c’è paragone tra le condizioni di vita che vivo io nella mia famiglia e a Granze, e le condizioni di povertà vissute in quel collegio (era tra l’altro finita da poco la seconda guerra mondiale), mi sono rivisto in qualche modo in quel gruppo e nel loro tentativo di affiatamento,tentativo che con molta difficoltà sto cercando di fare anch’io con i miei più o meno coetanei e con il personale che ci aiuta sicuramente l’esperienza che sto vivendo è positiva e costruttiva ma anche delicata e impegnativa.
L’importante per me è fare del mio meglio per migliorarmi,cercando di non essere troppo di peso cercando il mio equilibrio ma anche aiutando gli altri per quel che mi è possibile.
Enrico


L’individuo è un essere sociale ,cresce in un ambito familiare ,frequenta la scuola e la parrocchia,si fa degli amici:cresce all’interno di un sistema che lo sostiene e lo prepara ad una vita adulta fatta di libertà ma anche di regole e responsabilità. La prima regola è il rispetto, per noi stessi e per gli altri. Ognuno ha la propria strada da percorrere e cerca di realizzarsi ma non a scapito degli altri. Stare insieme agli altri ,relazionarsi,condividere,è insito nel carattere umano come è vero che bisogna imparare a stare anche qualche volta da soli e fare un bilancio della nostra vita.
Spesso la vita comunitaria non è semplice,ognuno ha un carattere e una testa propria,e a volte si litiga perché non troviamo un punto d’incontro ragionevole che vada bene per tutti e allora si cercano dei compromessi, una via di mezzo.
Enrico



Per la mia esperienza di vita la condivisione non è il mio forte perché in tanti anni ho prestato a varie persone diversi oggetti tra cui soldi (piccole cifre) giochi o altro, ma alla fine capitava sempre che quando c’era da restituire le cose ogni volta bisognava chiederle un sacco di volte fino all’estremo; da questo diciamo che ho capito che gran parte delle persone si dimentica delle cose o se ne frega totalmente, per questo sarà difficile che condivida qualcosa ancora con qualcuno, a parte forse il cibo.
Riccardo


Abbiamo letto un racconto che mi ha ricordato i momenti trascorsi assieme ad amici parenti o assieme ai miei commilitoni ranger,con cui il pranzare o cenare assieme diventa un momento di godimento vero e proprio, e in alcuni casi le discussioni un po’ accese o i malumori se ne vanno fuori dalla finestra
Il momento che si passa a tavola e un momento di allegria uno dei momenti intimi tra famigliari o amici o parenti, dove qualsiasi discorso opinione o dibattito prendono una forma armoniosa allegra e fraternità
Quando si discute di lavoro di contratti o di affari viene fuori l’idea che e’meglio discuterne davanti ad un bel tavolo imbandito di varie cibarie buone e diverse ed una buona bottiglia di vino nero o bianco.
Purtroppo queste usanze derivate dal passato vanno via via scomparendo e dimenticate, a tal punto che questi momenti un po’ alla volta sostituiti da quelli attuali frettolosi e totalmente sbagliati
Marco

Quest’anno a casa mia abbiamo deciso di fare il pranzo di Natale.
L’occasione era importante e deciso il posto decidemmo di dividerci i compiti: chi cucinava l’arrosto chi le verdure chi le patatine chi portava il dolce chi portava il vino e lo spumante.
Siamo in quattro fratelli e due nipoti e mettersi d’accordo non è stato facile ma alla fine ci siamo riusciti:era bella l’idea che ognuno portasse qualcosa cosi abbiamo fatto. Ognuno ci ha onorato della sua presenza e siamo stati bene tra di noi, si parlava si ricordavano fatti passati, c’era vera convivialità c’era spazio per ognuno e tutti gioivano per ognuno.
E’’ stato un momento di vera condivisione in pace ed armonia.
Francesca

Sebbene ormai siamo nel 2010 e il progresso tecnologico ci fa spesso scordare l’importanza e il fascino di tradizioni popolari e religiose di una volta, fatto di gente semplice e umile,genuina come i prodotti che la terra saggiamente coltivata ci offre, dal mio punto di vista è ancora bello partecipare a feste popolari legate alla tradizione come ad esempio quello della rogazione che si svolge sull’altipiano di Asiago. E’una specie di pellegrinaggio a cui prendono parte gli abitanti del luogo ma anche gente da fuori. E’ una camminata di una trentina di chilometri in direzione del sole che sorge da dietro il monte,si cammina dall’alba al tramonto,fra canti e orazioni,bambini,giovani,uomini e donne e anziani,come una catena d’amore, si scordano rancori e inimicizie e si rivolge una preghiera ai defunti. E’ un rito propiziatorio che ha origini molto antiche si svolge in genere alla vigilia dell’ascensione a memoria della grande pestilenza del 1638 che decimò la popolazione del posto,i cui discendenti vogliono ricordare.
Una tradizione delle nostre parti,di tre,quattro generazioni passate,caratteristica della vita contadina
è il così detto filò.
Una volta,quando ancora non esisteva la televisione ,internet e così via,dopo una dura giornata di lavoro nei campi,alle persone piaceva ritrovarsi alla sera in famiglia e con vicini e amici, per parlare di come era andata la giornata o anche solo del più e del meno, le donne cucivano a mano e gli uomini scherzavano tra un sorso di vino (ombra in dialetto veneto) e quattro chiacchere.
Era un modo che la gente di un tempo, fatta di un’altra pasta,aveva per alleggerire la dura vita di una volta, forse più primitiva ,ma sicuramente più semplice e genuina.
Enrico

La vita comunitaria è necessaria per ognuno di noi, per confrontarci e aiutarci anche se a volte lo stare troppo insieme crea un cordone ombelicale difficile da tagliare per paura della solitudine. Invece a volte si crea una situazione opposta chi abituato alla solitudine, lo disturba la presenza di altre persone.
La mia esperienza in comunità è positiva anche se a volte è dura condividere tanto tempo con persone imposte e non scelte. Siamo tutti diversi e forse questo è il bello ci scambiamo opinioni
e ci raccontiamo la nostra storia, il nostro motivo dello stare insieme. Grazie a questa esperienza spero di diventare più forte e propositiva di uscire dal mio guscio grazie anche ai miei compagni.
La settimana scorsa abbiamo visto il film francese “Les choristes” molto vicino ai discorsi fatti sulla vita comunitaria. Parlava di un collegio dove vivevano un gruppo di ragazzi indisciplinati e di
come un educatore venuto da fuori che con la sua costanza e l’ amore per la musica è riuscito a farli
diventare un coro a cui tutti partecipavano uniti con amore. Ognuno aveva il suo caratterino
ma grazie all’educatore i ragazzi hanno riscoperto lo stare uniti condividendo il cantare insieme.
Questo mi fa ricordare la nostra comunità e di come le varie attività ci uniscono , io sono una
persona un po’ solitaria e queste attività mi hanno aiutato moltissimo a capire gli altri e anche
me stessa, a riacquistare un po’ di fiducia in me e nell’altro.
Penso che tutti più o meno abbiano avuto problemi a relazionarsi con gli altri, a volte l’
apparenza inganna e quello che sembra il più disinvolto magari risulta il più fragile .
Federica

La vita in comunità è una vita di relazione con gli altri , sapere stare assieme agli altri, conoscere i problemi di ogni persona aiuta a venirne fuori noi stessi , e saper aiutare anche gli altri .
In comunità ci sono delle regole da rispettare , questa cosa mi sembra una cosa normale perche se non ci fossero le regole si vivrebbe in una baraonda.
Le attività che mi piacciono di più in comunità sono il nuoto e la pallavolo , queste attività mi piacciono perché sono attività di gruppo , e servono per socializzare con gli altri , queste attività servono anche a uscire dalla comunità. Questi sport li faccio volentieri perche da quando sono entrato in comunità ho messo su un po’ di pancia allora mi servono anche per dimagrire.
Il film “Les choristes” che abbiamo visto al CTP Valeri parla principalmente della vita in comunità di un specie di collegio dove vivono dei ragazzi che hanno dei vari problemi .
Uno dei loro problemi fondamentali è che sono senza genitori , per cui la loro vita non è basata sull’appoggio di un genitore , e quindi non sanno a chi rivolgersi se hanno un problema , però in questa comunità ci sono degli educatori che li aiutano a crescere e a superare le molte difficoltà che incontrano.
Marco

La Meridiana è un motivo di crescita per imparare a relazionarsi nella società
con i suoi contesti, che sono socialmente utili ma purtroppo anche a volte amari. Si spera sempre nella competenza delle persone con cui ci troviamo a relazionarci all’ interno della comunità, perché ci aiutino a migliorare la nostra situazione.
Raffaele

Vivere in Meridiana per me ha significato trovare nuovi amici. Però qualche volta mi sento triste e solo, perché non è come prima che avevo la casa. mi sento chiuso in me stesso e giù di morale. Comunque sono a posto con le mie idee. E credo che raggiungerò la mia meta alla Meridiana.
Christian

Ricordo un episodi della mia vita quando ho aiutato una famiglia in difficoltà, e dopo tanti anni io stessa sono stata aiutata mentre passavo un momento difficile. Sembra che il destino ci sorprenda sempre insegnandoci che se semini bene prima o poi tutto ti torna magari in forme diverse. Da ciò si trae un insegnamento che mio nonno mi raccontava : “chi semina vento raccoglie tempesta” perciò vale sempre seminare bene sia per te che per gli altri, e qui anche tante religioni insegnano che la compassione e l’altruismo disinteressato è utile per un miglior futuro tuo e degli altri .
Rosy

Tipici lavori di cucina…Ogni 15 giorni nella cucina che da 2 anni che utilizzo all’interno della comunità “ la Meridiana” lavo i piatti e mi girano le scatole farlo. C’è anche la possibilità di far da mangiare ognuno con una ricetta da fare e lì non ho problemi. Il mio piatto tipico è risotto ai chiodini, quando lo faccio i miei amici della comunità mi fanno i complimenti, amo anche fare le grigliate con salsiccia e costicine assieme alla polenta. Devo dire che anche a casa ho il caminetto e quando posso organizzo mangiate con la mia famiglia assieme alle nipotine.
Alberto

La vita comunitaria in senso obbiettivo e soggettivo è chiaramente importante allo scopo di sostentarsi e relazionarsi con intenzione di riconoscere i propri difetti e pregi e imparare la tolleranza nelle diversità, in relazioni contraddistinte dal rispetto reciproco.
la tolleranza come riflesso del rispetto.
Raffaele

Ho vissuto 2 anni nella comunità della Meridiana e da 7 mesi vivo in un gruppo appartamento che è
casa Ama. Durante il giorno seguo le attività della Meridiana e pranzo anche lì; il pomeriggio, finite le attività, torno in casa Ama dove mi aspetta il turno della cucina, oppure delle pulizie, o ancora andare a fare la spesa, andare a fare gruppo col dottor Miola, etc…
Ogni mattina viene un operatore a svegliarci e il pomeriggio un altro per darci la terapia , controllare che i compiti vengano svolti, parlare con chi ne ha bisogno.
Il sabato a pranzo a volte c’è Martina, e il pomeriggio c’è l’incontro del gruppo del tempo libero, formato da chi vuole organizzare il sabato pomeriggio in compagnia.
Michela

Vivere in comunità per me significa stare con gli altri e adattarsi alle varie regole che la comunità stessa ti impone, significa anche rispettare gli altri.
Io alla meridiana non mi sento rispettato da alcune persone, vorrei starmene a casa e dormire fino a tardi, ma questo non è possibile, perché nella vita se non hai un lavoro non vai da nessuna parte.
Vivere in comunità significa anche non fare l’amore, non bere alcolici…ecc….chiudo qua.
Daniele

Comunità la Meridiana: il nome semplice di questa comunità l’ho scoperto circa sei anni fa casualmente in un periodo della mia vita, il nome “ la meridiana” anche se è solo un nome ,mi ha sempre affascinato perché si riproduceva dolcemente come un suono dolce per la mia mente dato che,per me, sta a significare come un qualcosa che vola verso l’alto sbattendo fortemente le ali. Dopo aver trascorso quasi due giornate all’interno della struttura ho percepito penso dagli operatori,infermieri e volontari molta umanità necessaria e calore;quindi un enorme grazie meridiana.
Veronica

A Teolo è la mia piccola casa dove abito con mia mamma e mio papà. Io mi chiamo Alberto, ho una mamma e un papà fin troppo buoni, mi hanno sempre aiutato con bontà e anche un pizzico di “cattiveria” perchè ho avuto dei momenti abbastanza difficili. Nei momenti in cui ero incavolato mi veniva voglia di curare l’aspetto della nostra casa, che all’epoca era anche dei miei nonni e dei miei zii.
Ho parlato un po’ di quando ero giù di morale e arrabbiato e l’unico posto dove mi sfogavo era il mio giardino e il mio orto, dove impiantavo i semi di zucca , pomodori, basilico, prezzemol, peperoni. Mi aiutava tanto la mia mamma e un po’ meno mio papà .
Alberto

Da otto mesi mi trovo in comunità, per me è una novità perche non c’ero mai stato.
Si sta abbastanza bene perche ci sono varie attività da fare , per esempio il computer,
attività di gruppo , attività motoria, minuterie artistiche, gruppo di attualità ecc.
Posso anche dire che si mangia abbastanza bene , pero sinceramente mi sto annoiando e vorrei tornarmene a casa per riprendere il mio lavoro che sinceramente mi manca molto, soprattutto il mio camion e sento fortemente la mancanza di mia moglie che è da un anno che ci siamo separati
Giampaolo

Vivere in comunità per me significa anche lavorare in comunità.
Vivere e lavorare in comunità, com’è possibile ?
La faccenda è un po’ complicata da spiegare, in quanto il mio lavoro di infermiera alla Meridiana si esprime coniugando il mio modo di vivere e lavorare con quello degli altri colleghi, con lo scopo di creare o ri-creare un ambiente positivo e consentire un percorso riabilitativo ed evolutivo per le persone che ne hanno bisogno.
Il mio lavoro potrebbe dunque sembrare immateriale, perché non produce oggetti o atti amministrativi, ma dovrebbe produrre l’autonomia nelle persone.
Questo risultato viene ricercato mettendo in atto le risorse presenti nel gruppo curante e in ciascuna individualità degli operatori, perché ognuno di noi è portatore di una diversa professionalità e di un diverso bagaglio culturale ed esperienziale che costituisce una straordinaria risorsa da mettere in campo. Naturalmente il mio lavorare in comunità non può essere slegato dal mio vivere in comunità, perché il coinvolgimento è anche emotivo !
Maria Rosa

Il significato di comunità può essere molteplice a seconda di quella che è la sua ampiezza, delle persone che vi fanno parte, dagli interessi comuni, dalle regole da rispettare e da eventuali scopi/finalità che ci si prefigge di raggiungere.
Ognuno di noi appartiene a più comunità diverse, a cominciare dalla famiglia che è la comunità di base che ci accoglie già dal momento della nostra nascita, alla comunità scolastica, alla comunità
“ quartiere” …anche la compagnia di amici, colleghi possono essere considerate delle comunità.
La comunità “la Meridiana” è una comunità di persone, ognuna con le proprie esperienze e i propri vissuti, che nel loro percorso di vita hanno incontrato delle difficoltà; lo scopo che si prefiggono è quello di utilizzare l’esperienza dello stare insieme per superare il proprio disagio.
Francesca

E’ la prima volta che vivo in comunità e devo dire che all’inizio è stato difficile mentre adesso invece non riesco a stare senza. Il momento più difficile è stato trovarmi con persone che non conoscevo e regole che tutti rispettano. Oggi la comunità mi serve tanto per momenti in cui mi sento solo e anche quando mi sento di dare qualcosa e mi rende felice.
Aggiungo anche se non fossi in questa comunità sarei andato in un carcere .
Alberto

Penso che una comunità come lo può essere “la Meridiana” sia molto utile per comprendere quello che può essere la vita collettiva ed insegni a rispettare le persone e le regole.
A differenza di quando sono a casa, in “Meridiana” io mi trovo estremamente a mio agio nel rapporto con ogni persona. diciamo che mentre la casa la vivo come un luogo intimo dove posso fare le mie cose ed avere i miei tempi, la “meridiana” la vivo come un luogo dove posso “sfogare” il mio bisogno di stare con gli altri.
Riccardo

I filosofi dicono che l’uomo è un animale sociale, per questo vive in comunità quali possono essere la famiglia, la scuola, la propria città, la propria regione e così via, fino ad arrivare alla mondialità.
Vivere in comunità, cosa alquanto atavica per l’uomo, comporta delle regole ed uno stile di vita basato su queste regole che possono essere morali o prendere più un aspetto concreto. Proprio per questo, intorno al 2.000 avanti cristo, il grande Hammurabi, imperatore assiro, fece incidere sulla famosa “stele di Hammurabi” la più vecchia legge scritta della storia.
Se poi leggessimo la sacra bibbia, tralasciando il vangelo ed occupandoci del vecchio testamento, vedremmo che gran parte delle scritture implicano una serie di regole: il libro dei numeri ne dà un’inconfutabile prova!
Fin dai tempi più antichi quindi, l’uomo ha cercato tramite le leggi di poter convivere in comunità sempre più grandi, cercando di facilitarne la convivenza stessa.
Riccardo

Ho 44 anni e forse a differenza della nuova generazione ho qualche ricordo di un passato vissuto anche in campagna. Sono nata in Sicilia dove ho passato un po’ di anni prima di emigrare qui a Padova ed Abano Terme. Mi ricordo che durante le sere invernali in Sicilia io e mia mamma andavamo a sferruzzare in casa di una famiglia di contadini e la casa era concentrata tutta in unico stanzone con il pavimento di cemento, e facevano il bagno nella tinozza. C’era una bella atmosfera i vecchi raccontavano storie di guerra e aneddoti divertenti; in primavera si andava a raccogliere erbe amare e poi per ogni periodo c’ era da andare in campagna a raccogliere verdure e frutta. Nella piana di Marina di Ragusa ci sono molte serre che per tutto l’anno producono verdura e anche li c’era da lavorare; mi ricordo che ho fatto indigestione di cetrioli mangiandone troppi durante la raccolta. Ho visto fare la ricotta e il formaggio nelle masserie, e poi ho conosciuto un po’ anche la dura vita dei pescatori. Anche ad Abano ho avuto esperienze di vita comunitaria contadina, ho vendemmiato, pigiato l’uva con altri bambini a piedi nudi e sgranato le pannocchie in solaio. In tutte le stagioni c’ era sempre qualcosa per noi giovani da divertirsi e condividere, come andare a caccia di lucciole a maggio, rubare le ciliegie etc…
Con quello che ho raccontato voglio dire che anni fa si stava più insieme mentre oggi trovo che è tutto più triste e siamo sempre più soli.
Rosy

Fin dai tempi più antichi, il momento del pasto era un momento in cui le persone si riunivano per socializzare.
questo aspetto è stato tramandato negli anni e, tuttora, è ancora praticato: basti pensare al momento in cui la famiglia si ritrova; oppure alle cene aziendali; oppure ancora ad una serata in pizzeria con gli amici…
Riguardo l’azione di mangiare insieme, spesso la si può abbinare anche alle occasioni importanti che la comunità stessa può avere come quella di un matrimonio, oppure l’anniversario di qualche particolare evento.
Infine, se poi si parla di religione, fin dai tempi più atavici, l’aspetto del pasto è importante, con ciò rammento la famosa ultima cena di Gesù oppure, se andassimo indietro nel tempo, all’epoca della liberazione degli ebrei dalla schiavitù in Egitto, vedremmo che il vecchio testamento predispone tutta una serie di regole nella consumazione del famoso agnello pasquale.
Non si può però dimenticare il tanto attesissimo e promesso banchetto dei cieli!
Riccardo

La bagna cauda: davvero splendida la vita di campagna raccontata da Enzo Bianchi nel libro”Il pane di ieri”. L’essenza, il profumo della terra e i suoi frutti mi evoca la vita di mia nonna e di mio nonno materno, che in pensione dal suo lavoro di infermiere psichiatrico coltivava la terra; esperienze uniche che fortificano lo spirito, belle da vivere.
Alberto

Il cibo è molto importante anche per la salute, mangiare assieme è un momento per parlare . Per me non bisogna eccedere nella quantità. Mangiare assieme è socializzare e comunicare; a me piace imparare nuove cose. Il cibo era importante anche per gli antichi, ed era molto vario .
Gabriella

Io non mi trovo bene a condividere i miei pasti con gli altri, ho bisogno di essere in completo relax per mangiare tranquillamente, il che vuol dire per me essere da sola.
E’ anche vero che vorrei essere una buona parlatrice a tavola, ma non mi riesce un granché. Non so se le due cose siano correlate , ma non mi piace nemmeno cucinare e mi sembra una perdita di tempo stare ai fornelli. Penso che queste cose denotino una scarsa capacità di condivisione e comunicazione con gli altri, ma tant’è. in questi anni di meridiana (e di casa ama) ho fatto però dei progressi: resto a tavola ad aspettare che anche gli altri finiscano , non comincio a mangiare prima degli altri, prendo delle porzioni di cibo che tengano conto anche degli altri….e così via
Michela

La condivisione del pranzo e della cena è un momento importante dello stare assieme. E’ molto piacevole sedersi a tavola con altre persone e dialogare condividendo il cibo.
Gustare a tavola le portate confrontandosi con gli altri secondo me sono i due momenti più importanti della giornata, inserendo anche la colazione.
Simone

Fin dai tempi remoti tra gruppi di persone il momento della condivisione e della preparazione del cibo è un momento importante. Nella famiglia, specie la sera quando gli impegni sono terminati, ci si ritrova a mangiare insieme e ci si parla (tv permettendo). In comunità condivido il pranzo con una ventina di persone, questo momento e a volte è difficile perché c’è confusione mentre la sera siamo in dodici e allora è più piacevole stare assieme; comunque ci sono anche alcune persone che vivono con molta difficoltà questi momenti, cosi tanto da rinunciare al pasto o da rimanere a mangiare da soli. Io ho un brutto rapporto con il cibo forse nato in adolescenza quando i miei si sono separati e mi sono trovata molte volte a mangiare da sola, e la tristezza mi ha portato a superare quella frustrazione mettendo in atto comportamenti sbagliati come l’anoressia e bulimia. Ancora oggi attuo ancora quei comportamenti che fanno ormai parte del mio disturbo, e sto lavorando per trovare delle strategie per superarle .
Rosy

Il momento della giornata che preferisco è proprio il sedersi a tavola e mangiare tutti insieme, forse perché essendo cresciuta in una famiglia di cinque persone, i ricordi più belli che ho sono quelli delle risate fatte la domenica a pranzo quando tutti noi riusciamo finalmente a pranzare insieme, visto che per impegni vari il resto della settimana lo passiamo fuori casa.
La televisione è accesa ma il più delle volte non la seguiamo nemmeno perché siamo troppo desiderosi di raccontarci tutti gli aneddoti che possiamo della settimana trascorsa.
Per non parlare delle litigate che facciamo io e i miei fratelli, ogni occasione è buona per punzecchiarci su cavolate, ma tutto passa in men che non si dica perché c’è sempre mio padre che con una battuta ci distrae dal contenzioso in atto.
ogni settimana mia mamma accontenta uno di noi preparando il suo piatto preferito, mio padre ha il brasato, i miei fratelli pasticcio e pollo arrosto con patate, mia mamma tortellini in brodo e io risotto alla zucca.
Altri ricordi che io ho legati al cibo sono quelli dei mitici pranzi di natale dove ci ritroviamo in una ventina di persone e mangiamo di tutto in quantità abnormi ma tutto condito con mio nonno che intavola discorsi assurdi con mio papà e i miei zii che gli danno retta scatenando una serie interminabile di racconti surreali, ma sempre fatti per condividere una risata, che terminano con la gara di barzellette dove ci si cimenta tutti, nessuno escluso e dove immancabilmente vince il più piccolo di noi, di solito un mio cuginetto, che fino al successivo pranzo si sente il “migliore”.
Fin dalla mattina del 25 dicembre si sa che non ci si alzerà da tavola prima delle sei di sera e che immancabilmente la sera si posticiperà la cena e si mangeranno gli avanzi, che per fortuna sono sempre pochi, visto le boccucce fameliche che ho fra i miei parenti.
Il giorno dopo poi io avrei voglia anche di mangiare leggero, ma le mie speranze vengono sempre disattese perché ora è il turno dell’altra parte della famiglia che ci aspetta per pranzare insieme, e lì scatta un’altra mangiata, perché non bisogna mai dire di no ad un componente della mia famiglia, perché sul piatto si rischierà di avere una razione doppia. Sono belle le scene quando mia cugina annuncia a tutto il “concilio” che ha iniziato una dieta: mia nonna le chiede subito se sta male, i miei fratelli e cugini ridono sotto i baffi perché immaginano il cataclisma che si scatenerà Quando le verrà servita questa razione dalle sembianze ciclopiche di ravioli ripieni di ricotta e spinaci “perché tanto dentro è tutta verdura”.
quando finiscono queste giornate ci si lascia sempre sfiniti e con la promessa che l’anno successivo non si ripeterà la situazione delle mie zie che preparano a due a due il primo e il secondo, mentre mia nonna pensando che non basti il cibo preparato cucinerà un pranzo completo; e non dimentichiamo i dolci, non esiste nucleo familiare che arrivando non porti dolce e vino…insomma potremmo riempire un supermercato con tutto il cibo che viene consumato da noi il giorno di santo Stefano.
Ovviamente tutti i buoni propositi si riducono ad una bolla di sapone l’anno successivo quando ci ritroviamo sulla porta di casa di mia nonna mentre sull’uscio stiamo “rotolando” verso la macchina.
Melody

2 commenti:

Attivivi ha detto...

Mi pare bene, che ne dite?
ciao Fabrizio

Unknown ha detto...

Ciao ragazzi...chissà se vi ricordate di me...sono Luna, ho fatto il tirocinio da voi poco tempo fa...vi penso spesso e stare con voi mi è piaciuto talmente tanto che ho scelto di presentare la mia tesina d'esame proprio parlando dell'esperienza che abbiamo vissuto insieme...sto studiando come una matta e ho gli esami il 6-7-8, ed è solo per questo che non son passata, ma appena mi libero di questo pensiero vengo a prendere un caffè con voi, non vedo l'ora di rivedervi! Un abbraccio fortissimo a tutti voi, e all'intero staff!